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Analisi post-gara

Sei minuti: La tragedia di Bereszyński al Barbera

Bereszynski Palermo

Palermo-Modena 1-1 | Quando il calcio ti spezza in 360 Secondi

C’è un momento preciso in cui tutto cambia. Un attimo, un secondo, una frazione di tempo in cui la tua vita da calciatore prende una piega che non ti aspettavi. Per Bartosz Bereszyński, quel momento arriva al minuto 76 del secondo tempo di Palermo-Modena.

Ma la storia inizia sei minuti prima.

Il cambio difensivo

Minuto 70. Il Palermo è in vantaggio 1-0. Gol di Segre al 32′, poi resistenza. Joronen ha fatto due parate miracolose. La difesa tiene. Il Modena spinge ma non sfonda.

Inzaghi guarda la panchina. Ha bisogno di blindare il risultato. Venti minuti alla fine, vantaggio di un gol, serve esperienza in difesa. Serve qualcuno che sappia gestire, che non si faccia prendere dall’ansia, che tenga la posizione.

Esce Diakité. Entra Bereszyński.

Cambio logico. Cambio sensato. Bartosz ha esperienza da vendere, ha giocato in Serie A, sa cosa significa soffrire negli ultimi venti minuti di una partita importante. È la scelta giusta.

O almeno, così sembra.

I sei minuti più lunghi della vita

Minuto 70: Bereszyński entra in campo. Stringe la mano a Diakité che esce. Va a posizionarsi. Guarda i compagni. Studia il posizionamento del Modena. Tutto normale.

Minuto 71, 72, 73: il Modena attacca. Bereszyński fa il suo. Prende posizione, marca, allontana. Niente di straordinario, niente di terribile. Fa quello che deve fare un difensore esperto.

Minuto 74, 75: il Modena continua a spingere. Il Palermo difende, soffre, ma tiene. Bereszyński è sempre al posto giusto.

Minuto 76: succede.

L’azione maledetta

Corner per il Palermo. Sì, corner PER il Palermo. Siamo in attacco. È una situazione che dovrebbe essere sicura. Il pallone esce, lo battiamo noi.

Ma Adorni, difensore del Modena, “resta alto da corner”. Non torna indietro. Resta lì, in area del Palermo, a presidiare. Classica situazione di contropiede potenziale.

Il corner viene battuto. La palla esce dall’area. Arriva a Zampano che la lavora e la passa a Zanimacchia.

Zanimacchia controlla. Ha spazio. Vede Adorni ancora alto in area. E mette un cross. Un cross teso, velenoso, che attraversa tutta l’area di rigore.

Adorni è lì. Il cross è perfetto per lui. Ma non arriva per primo.

Arriva Bereszyński.

Bartosz vede il pallone arrivare. Vede Adorni alle sue spalle. Deve intervenire. DEVE. Se lascia passare quel pallone, Adorni lo butta dentro da due metri. È troppo pericoloso.

Così salta. Colpisce di testa. Cerca di allontanare.

Ma il pallone prende una traiettoria strana. Gira. Si impenna. Va verso la porta.

Joronen è piazzato. Vede il pallone arrivare. Ma è troppo angolato, troppo vicino. Non può fare nulla.

La palla entra.

Autorete.

1-1.

Il silenzio

Il Barbera ammutolisce. Non è un modo di dire. È proprio così. 32.922 persone che un secondo prima respiravano, speravano, pregavano… e un secondo dopo sono mute.

Bereszyński si porta le mani alla testa. Resta fermo lì, in mezzo all’area, immobile. I compagni gli si avvicinano. Cercano di consolarlo. Ma cosa puoi dire in un momento del genere?

“Tranquillo, capita”? Ma non capita. Non così. Non dopo sei minuti dall’ingresso in campo.

“Non è colpa tua”? Ma lo è. È un’autorete. È il suo nome che verrà scritto sul tabellino. È lui che ha toccato quel pallone.

Dalla panchina del Modena esplodono. Abbracci, salti, urla. Hanno pareggiato. Incredibile. Erano sotto 1-0, sembrava finita, e invece hanno pareggiato.

Ma nessuno di loro ha segnato. L’ha fatto Bereszyński. Per loro.

I quattordici minuti dell’inferno

Dal minuto 76 al 90 Bereszyński gioca in una specie di trance. Continua a fare il suo lavoro. Marca, allontana, copre. Ma lo sguardo è quello di chi è altrove.

Ogni volta che tocca il pallone, il Barbera trattiene il fiato. Ha paura di un altro errore, ha paura che Bartosz sia completamente fuori dalla partita mentalmente.

Ma no. Bereszyński regge. Stringe i denti. Continua a giocare. Prende posizioni, dialoga con Pierozzi, si muove.

Negli ultimi minuti c’è un’azione in cui deve decidere se attraversare o ripartire. “Berezyński deve prendere una decisione” – e la prende. Gestisce. Non sbaglia più.

Ma a quel punto, a che serve?

Il danno è fatto. Il gol è entrato. Il pareggio è lì, scritto sul tabellone luminoso. 1-1. E accanto al numero 1 del Modena, c’è scritto “aut.” e poi il cognome: Bereszyński.

Il triplice fischio

Finisce 1-1. Il Palermo non vince. Occasione persa. Due punti buttati. Il Modena è ancora capolista con due punti di vantaggio.

I giocatori del Modena festeggiano. Non è una vittoria, ma vale come una vittoria. Erano sotto, hanno pareggiato al 76′, hanno portato a casa un punto prezioso in trasferta.

I giocatori del Palermo camminano lenti verso gli spogliatoi. Qualcuno si ferma a salutare la curva. Qualcuno tiene la testa bassa.

Bereszyński è uno di quelli con la testa bassa.

La domanda

La domanda che tutti si fanno, quella che nessuno vuole fare ad alta voce ma che tutti pensano è: doveva intervenire?

Doveva saltare su quel cross? Doveva rischiare? Non poteva lasciare passare e sperare che Joronen facesse il miracolo su Adorni?

Ma queste sono domande da bar. Domande da lunedì mattina, quando rivedi l’azione al rallentatore, quando hai tutto il tempo di analizzare, soppesare, giudicare.

In campo, in quel momento, con Adorni alle spalle e un cross teso che attraversa l’area, Bereszyński ha fatto l’unica cosa sensata: è intervenuto.

Ha provato ad allontanare il pericolo. Non è colpa sua se il pallone ha preso quella traiettoria maledetta. Non è colpa sua se è entrato.

O forse sì. Forse poteva fare meglio. Forse poteva colpire diversamente. Forse.

Ma il forse non conta. Conta il risultato. E il risultato dice: Autorete. Bereszyński. Minuto 76.

La vita dopo

Bartosz tornerà in campo. Giocherà altre partite. Farà altre prestazioni. Magari anche ottime. Il calcio va avanti, sempre.

Ma quella sensazione, quel momento in cui hai visto il pallone entrare nella tua porta… quella non se ne va.

Ogni volta che ripenserà a Palermo-Modena 1-1, ogni volta che qualcuno gli ricorderà questa partita, la prima cosa che gli verrà in mente sarà quel cross di Zanimacchia.

Quel colpo di testa.

Quella traiettoria impossibile.

Quella palla che entra.

Sei minuti. È bastato sei minuti per trasformare un cambio difensivo in un incubo. Sei minuti per passare dall’essere il salvatore al capro espiatorio.

Il calcio è così. Non perdona. Non aspetta. Non ti dà seconde possibilità.

O meglio: te le dà. Ma solo dopo averti fatto soffrire.


NOTA FINALE

Sedici tiri del Modena, cinque in porta, cinque parate di Joronen. Il Modena ha dominato. Ha meritato il pareggio.

Ma l’unico gol che sono riusciti a segnare non l’ha fatto nessuno di loro.

L’ha fatto Bereszyński.

Per loro.

Contro la sua squadra.

Sei minuti dopo essere entrato in campo.

Questa è la storia più crudele del calcio. E oggi, al Barbera, ne abbiamo assistito a un’altra puntata.

Bartosz, ti vogliamo bene. La prossima volta andrà meglio. Deve andare meglio.

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